Carlo Putelli: What is changing in musical education - Come cambia l'istruzione musicale
Autore      04/09/2019     Interviste    Commenti 0

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Musical education – What is changing and how in Italian conservatories? The Roman tenor and composer Carlo Putelli explains it to us.

A reform of conservatories has just taken place. What are the major changes? 

As for the reform of conservatories, I would say it is a tragic step backwards. The laws introduced remind of a time before 1998 and substantially damage the whole AFAM (High Musical Education).

What are the strengths and weaknesses of the reform?

I am afraid I cannot find strengths in the current reform.  A severe weakness is found at art. 4, where instead of increasing musical education in state schools introduces short pre-academic courses in conservatories. This results in lower education level, just for the sake of increasing the number of students enrolled in conservatories.

After graduating from the Santa Cecilia Conservatory in Rome, you perfected your singing technique at the Mozarteum in Salzburg. Does Austria have a different approach to musical education?

The German and Austrian world privileges ensemble music, in line with the hausmusik tradition deriving from the Lutheran Church. In Italy, on the other hand, the opera tradition favours soloists and focuses on the individual. The two approaches are not antithetical. They can and should combine, providing the artist with the necessary flexibility to perform both Schubert quartets and Rossini or Donizetti arias.

Do you think that singing in a choir is a fundamental learning experience for a soloist singer? What can you tell us about your experience in the prestigious Accademia di Santa Cecilia choir?

Even though a professional singer must choose between being a soloist and singing in a choir, I think the learning experience of a professional choir is extremely valuable. I would like to point out that the Santa Cecilia Choir is unique, because of his century-old tradition of symphonic and polyphonic repertoire. I have sung in this fantastic choir for more than twenty years with the master Norbert Balatsch, and I have had the honour to sing with Bernstein, Giulini, Abbado, Sinopoli, Sawallisch, Pretre, Maazel and more.

You are the founder of the Labirinto Vocale voice lab, performing not only a classical repertoire but also modern arrangements and original compositions. Do Italian conservatories currently dedicate some space to experimentation and how much of it should be desirable? 

The Labirinto Vocale was indeed created out of love for contemporary music, including pop and jazz. Making a change looks more difficult in Italy than elsewhere, but things are gradually changing thanks to new technologies such as digital sharing platforms.

What does Italy need in order to boost its culture and artists? 

I believe that the Italian school should be reformed in order to give students better access to the Italian cultural heritage and raise cultural awareness among new generations. Beauty may save us, but in order to be saved we need to want to be saved.

 

ITALIANO

Istruzione musicale, come e cosa sta cambiando nei conservatori italiani. Ce lo racconta il tenore e compositore romano Carlo Putelli.

Ci troviamo in questo momento ad assistere alla riforma dei conservatori di musica. Quali sono i principali cambiamenti rispetto al passato? 

Riguardo alla riforma dei conservatori, direi che più che di novità si debba parlare di un tragico ritorno al passato (a prima del 1998) con un assetto legislativo che sembra contribuire a un sostanziale svilimento dell’intero comparto AFAM (Alta Formazione Musicale)

Quali sono secondo lei i punti di forza e di debolezza di questa riforma?

Purtroppo mi spiace doverlo reiterare, ma non trovo “punti di forza” nell’attuale riforma. Senza volerci addentrare troppo nella materia, credo sia sufficiente citare quello che pare il provvedimento peggiore di tutti: quell’art.4 che, invece di incrementare la formazione musicale nella scuola pubblica, ha pensato bene di introdurre risibili corsi propedeutici pre-accademici nei Conservatori. Così facendo, viene inevitabilmente abbassato il livello formativo soltanto per reclutare il più alto numero di iscrizioni. In altre parole: invece di istituire un adeguato numero di corsi relativi alla formazione musicale di base nei Licei per diffondere cultura musicale nel maggior numero di ragazzi (e, dunque, nel paese),  si torna a procedere in senso opposto preoccupandosi di riservare e facilitare lo studio della Musica solo a quei pochissimi che vorranno e potranno studiarla “ghettizzati” nei Conservatori.

Dopo aver completato gli studi al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma, lei ha perfezionato le sue arti canore presso il Mozarteum di Salisburgo. In cosa si differenzia l’approccio austriaco all’istruzione musicale rispetto a quello italiano? 

Diciamo che in linea di principio, parlando di approccio austo-tedesco, si predilige la musica d’insieme, secondo quella tradizione di “hausmusik” mitteleuropea che trova le proprie radici, prim’ancora che nelle consuetudini quotidiane delle famiglie tedesche dell’otto-novecento, nella quotidiana pratica della musica liturgica propria della Chiesa luterana. Nonostante il mutare dei tempi, nell’assetto didattico-culturale tedesco tutto questo ancora si respira. In Italia al contrario, la tradizione più schiettamente operistica ci porta a prediligere le peculiarità vocali solistiche rispetto a quelle d’insieme, ponendo l’attenzione soprattutto allo sviluppo di una personalità d’interprete “individualistica”. Sono due approcci allo studio affatto antitetici che, alla fine, possono e devono conciliarsi completandosi, quando si comprende l’importanza di essere flessibili, di saper cambiare “orecchio” melodicamente o armonicamente, a seconda se ci si trovi a cantare un quartetto di Schubert, un madrigale a cinque voci, oppure un’aria di Rossini o un concertato di Donizetti.

Ritiene che l’esperienza del coro sia formativa e fondamentale anche per il percorso di un cantante solista? Cosa può dirci della sua esperienza con il prestigioso coro dell’Accademia di Santa Cecilia? 

Anche se un professionista cantante, a un certo punto, deve scegliere inevitabilmente tra canto solistico e canto corale, credo che l’attività in un coro professionale, se condotta con la giusta coscienza/conoscenza degli aspetti tecnico-vocali, sia quanto di più formativo per chiunque desideri avvicinarsi al canto artistico. C’è anche da dire però che il Coro di Santa Cecilia rappresenta un unicum nel panorama musicale italiano perché, come da sua gloriosa tradizione ultrasecolare, è una compagine specializzata precipuamente nel repertorio sinfonico-corale e polifonico. È da oltre un ventennio che faccio parte di questo Coro fantastico e, sotto la preparazione di un Maestro come Norbert Balatsch (che fu prediletto da direttori come Karajan o Böhm!)  ho avuto l’onore di “fare musica” con Musicisti quali Bernstein, Giulini, Abbado, Sinopoli, Sawallisch, Pretre, Maazel e tanti altri: lo considero un privilegio

Lei è fondatore del laboratorio di voci Labirinto Vocale, con il quale spazia dal repertorio classico ad arrangiamenti in chiave moderna e composizioni originali. Quale spazio è attualmente dedicato alla sperimentazione all’interno dei conservatori italiani e quale sarebbe giusto dedicarvi? 

Il Labirinto Vocale, in effetti, è un progetto nato innanzitutto proprio per l’amore dei suoi componenti per la musica d’oggi, includendo con questo termine anche il pop e il jazz. Pare che in Italia ogni cambiamento sia sempre un po’ più difficile che altrove e, anche per i giovani compositori, è dura vivere qui: conosco veri e propri talenti italiani che hanno visibilità e continue commissioni da parte dei teatri stranieri e che qui da noi, al contrario, sono completamente ignorati. Grazie alle nuove tecnologie quali, ad esempio, le piattaforme di condivisione digitale, qualche passo avanti in questo senso si sta facendo, ma non basta per far “primavera”.

Di quali spinte avrebbe bisogno oggi il panorama culturale italiano?

Credo fermamente, e lo ripeto, che il problema della fruizione del patrimonio culturale e, più nello specifico, della cultura musicale in Italia sia essenzialmente legato al modello formativo adottato fin dalla scuola dell’obbligo: è lì che bisognerebbe attuare una riforma sostanziale ed è in quell’ambito che si dovrebbe giocare la sfida di infondere una maggiore coscienza culturale e civile nelle nuove generazioni. Il Bello potrebbe sempre salvarci ma, come dire: per essere salvati bisogna anche volerlo.